Maria Maddalena Rossi

MARIA MADDALENA ROSSI E IL RICONOSCIMENTO PER LE VITTIME DELLE MAROCCHINATE

Maria Maddalena sedeva in parlamento. Figlia di una famiglia borghese, ebbe la possibilità di laurearsi. Maria Maddalena, eletta nelle liste del PCI, si trovò, non per caso, nell’Assemblea Costituente.
Fu lei a far conoscere il dramma delle marocchinate al Parlamento Repubblicano. Decise di promuovere un’interpellanza sull’argomento. La fece sottoscrivere ad altri colleghi, che aggiunsero la loro firma. Riuscì ad imporre un dibattito nelle gelide stanze della politica italiana. Dibattito che molti, quasi tutti gli onorevoli uomini che sedevano sulle comode poltrone, non avevano intenzione d’affrontare.
Il dibattito sulle marocchinate fu inserito nella seduta notturna del 7 aprile 1952. Ore 21,00.
Maria Maddalena dovette insistere molto per ottenere l’inserimento nell’ordine del giorno della discussione sui crimini di guerra delle truppe al seguito del contingente francese.
L’interpellanza chiedeva ragione del ritardo nella soddisfazione delle 60,000 pratiche di pensione o d’indennizzo presentate dalle donne che subirono violenza dalle truppe marocchine al seguito della V armata.
Vergognosamente, e lo ripeto, vergognosamente nessun parlamentare che sosteneva il governo De Gasperi appose la propria firma in calce al documento. I firmatari erano tutti dell’opposizione, comunisti e socialisti. Tra loro da ricordare anche la partigiana Gina Borelli, colei che ebbe l’ardire di definire assassino il presidente del Governo, Alcide De Gasperi. Una seconda interpellanza fu presentata a firma di sei parlamentari, tutti socialdemocratici. Nessun uomo della Democrazia Cristiana partecipò attivamente alla ricerca della verità.
Maria Maddalena Rossi prese parola nella sera romana.
Raccontò con passione e dolore la situazione, elencando vittime e soprusi subiti. Ricordò le 12,000 richieste di giustizia apparse subito dopo la guerra. Narrò di come il numero si impennò sino a 60,000 richieste di risarcimento ancora inevase.
Concluse con le seguenti parole: “credo piuttosto che ci si debba scandalizzare perché fra noi vi è chi vorrebbe coprire questa piega, questo delitto orrendo che fu commesso contro donne inermi, contro giovinette”.
Prese parola il socialdemocratico Luigi Preti, futuro ministro delle Finanze e del Bilancio, senza la passione dimostrata dalla comunista Rossi. Preti chiese l’intervento del Governo per il riconoscimento del risarcimento e per l’invio delle medicine necessarie alla cura delle malattie veneree.
La risposta del Governo fu affidata a Tiziano Tessitori, cattolico intransigente e reduce della prima guerra mondiale. Rispose burocraticamente anche se riconobbe che “il problema suscita reazioni sentimentali vastissime”. Secondo Tessitori le donne che presentarono domande di risarcimento non erano 60,000 ma “solo”20,000. La sconcertante conclusione del suo intervento attestava che “solo 3 donne in tutta la provincia di Frosinone avevano chiesto il ricovero e tutto e tre, alla fine del 1950, vennero riscontare sane. Quindi è accertato ormai, attraverso queste indagini e controlli eseguiti in loco che le vittime dei marocchini non hanno più bisogno di una particolare assistenza sanitaria”.
La secca risposta di Maria Maddalena Rossi ci lascia ancora oggi stupiti: “come si vede che ella non è una donna”.
Il cielo della sera romana, divenuta notte, si oscurava.
Alle 22,15 si concluse la seduta parlamentare.
Un primo successo per le oltre 60,000 vittime delle marocchinate, una sconfitta per il sottosegretario Tessitori e tutta la casta politica che rappresentava.
Un secondo grande passo avvenne nel 1957.
All’interno di un libro, intitolato La Ciociara, si poteva leggere che “adesso lui mi stava sopra; e io mi dibattevo con le mani e con le gambe; e lui sempre mi teneva fissa la testa a terra contro il pavimento, tirandomi i capelli con una mano, e intanto sentivo che con l’altra andava alla veste e me la tirava su verso la pancia e poi andava tra le gambe; e tutto a un tratto gridai di nuovo, ma di dolore, perché lui mi aveva acchiappato per il pelo con la stessa forza con la quale mi tirava i capelli per tenermi ferma la testa”.
L’autore del libro è uno dei personaggi maggiormente noti della letteratura italiana del Novecento: Alberto Moravia.
Il libro si concentra sulla storia di Cesira, una vedova, e della figlia Rosetta, che lottano per sopravvivere a Roma nel periodo della seconda guerra mondiale. Le due donne si trasferiscono in Ciociaria, terra natale di Cesira, quando i tedeschi si preparano ad entrare nella città eterna. Per molti mesi sopportano fame e freddo nell’attesa delle truppe alleate. Arrivano i liberatori che tali non sono, poiché si trasformano in spietati assassini e stupratori. Sulla strada le due donne sono fermate dai goumier marocchini che violentano in gruppo, come erano soliti fare, la giovane Rosetta. Questa terribile tragedia modificherà per sempre le loro vite.
Perché Alberto Moravia scrisse questo romanzo?
Dopo l’armistizio, con relativa fuga del Re e dei governanti italiani, Moravia si rifugiò insieme alla moglie a Fondi, villaggio montano di pastori provenienti da Vallecorsa. Durante la liberazione della Ciociaria dalle truppe naziste a Vallecorsa accadde un avvenimento, riportato da Don Alfredo Salulini, simile a quello narrato da Moravia nel romanzo: una ragazza di 16 anni fu tenuta prigioniera in un casolare di campagna a Vallecorsa e costretta a subire violenza carnale da un intero plotone di soldati marocchini. La ragazza morì dopo una settimana di incredibili e terrificanti violenze sessuali.
Tra dimenticanze e flebili ricordi si giunge al 25 novembre 2004. Il centro documentazione e studi cassinati organizzò un convegno dal titolo: La violenza tra passato e presente. Tra gli invitati il professore universitario Ahmid Benhraalate, presidente dell’associazione nazionale dei reduci marocchini. Un passaggio del suo intervento è significativo: “vorrei presentare le scuse alle vittime civili per le violenze che hanno subito da parte delle truppe marocchine. Naturalmente sono consapevole del fatto che le mie scuse hanno soltanto un valore simbolico e non possono risarcire le sofferenze delle persone, ma su questo lato oscuro, rimosso, c’è stato finora silenzio in Marocco, così come in altri paesi”.
Ogni paese esportatore di democrazia e libertà ha i suoi assassini e stupratori.
Che non se ne parli nel paese d’origine è consuetudine, ma che il paese violentato, stuprato, assassinato non alzi la testa per ricordare le proprie vittime, è atto da codardi.
Siamo un paese senza memoria, un popolo senza il coraggio di ricordare.
(Tratto da I viaggiatori ignoranti