ELEONORA DUSE

 Eleonora Duse: la diva che amò Gabriele D’Annunzio.





Eleonora credeva che l’arte fosse un dono innato e, da autodidatta, sviluppò un suo stile che fece scuola. Anticipò i tempi e spinse il teatro verso nuovi orizzonti. Con lei non servivano grandi decorazioni; la scenografia era spoglia e ridotta all’essenziale. A livello di testi affrontò temi spinosi, di critica sociale, che mettevano in risalto il finto perbenismo del mondo borghese. Non si truccava mai e già solo nell’estetica personale ricercava la più assoluta naturalezza scenica. Amava l’uso dei lunghi silenzi e delle pause; lasciava che, anziché il copione, fosse l’istinto a guidarla. Se una battuta prevedeva un dialogo, non lo eseguiva subito, ma prima camminava avanti e indietro per il palco, si sedeva e meditava. Restituiva delle emozioni autentiche con metodi che nessuno usava.
Per lei un forte dolore voleva dire aggrapparsi alle tende, accasciarsi e piangere con disperazione. Alla stregua delle attrici del muto, era il suo corpo a recitare. La bocca la usava solo in un secondo momento, quando il pubblico già sapeva lo stato d’animo del suo personaggio.
Lo scrittore e drammaturgo Anton Cechov scisse:
“Ho visto l’attrice italiana Duse in Cleopatra di Shakespeare. Non conosco l’italiano, ma ella ha recitato così bene che mi sembrava di comprendere ogni parola; che attrice meravigliosa!”.
Mentre lei, sul palcoscenico, mieteva successi e approvazioni, un giovane Gabriele D’Annunzio stava acquisendo la notorietà nei salotti romani. E proprio nella capitale ci fu il loro primo incontro. Il Vate, di cinque anni più giovane, la avvicinò dopo uno spettacolo e, senza mezzi termini, le propose una notte all’insegna dei piaceri carnali. La Duse lo rifiutò con garbo, ma nei suoi diari scrisse:
“Il ragazzo appare molto attraente, con i capelli biondi e qualcosa di ardente nella persona”.
Nel 1888, Eleonora vide per la seconda volta D’Annunzio. Dopo uno spettacolo al teatro Valle di Roma, il poeta la intercettò mentre stava tornando in camerino e le gridò “Oh grande amatrice” per richiamarne l’attenzione, ma la Divina lo ignorò.
A partire dal 1889 tornò a calcare i palchi internazionali. Il 17 dicembre partì per l’Egitto, si spostò in Russia nel 1891 e, infine, giunse in Austria, dove un impresario viennese le propose una tournée negli Stati Uniti. Nel frattempo, nel 1892, D’Annunzio tornò alla carica e le spedì una copia delle sue Elegie romane con la dedica “Alla divina Eleonora”. Fra una rappresentazione e l’altra in giro per il Nordamerica, l’attrice si incuriosì a quel giovane di bell’aspetto che si ostinava a corteggiarla e ne lesse le opere.
Subì il fascino del poeta e nacque una fittissima corrispondenza epistolare. Al suo ritorno in Italia, lasciò Boito e incontrò D’Annunzio a Venezia. Così, nel 1894, ebbe inizio la loro tormentata storia d’amore.
In una delle sue tante lettere, l’innamoratissima Eleonora scrisse: “Vedo il sole e ringrazio tutte le buone forze della Terra per avervi incontrato”. E ancora: “Ieri mattina ci siamo detti buongiorno così bene, vi ricordate? Io, forse, saprò dirvi buongiorno ogni giorno”.
All’epoca, D’Annunzio era un poeta e un romanziere molto affermato, ma non si era ancora cimentato nella stesura di opere teatrali. Dal canto suo, Eleonora voleva rinnovare il proprio repertorio e ambiva a personaggi sempre più complessi. Insieme inaugurarono una nuova stagione del teatro italiano: un teatro poetico che univa, in un connubio perfetto, il talento recitativo di lei e la penna di lui. Grazie a rappresentazioni come Sogno di un mattino di primavera, Francesca da Rimini e La Gioconda, Eleonora recitò testi inediti che D’Annunzio le confezionava su misura, e il sodalizio di questa chiacchieratissima coppia di artisti riscosse ampi successi.
In un primo momento gli impresari furono scettici sulle rappresentazioni d’annunziane e la Duse s’indebitò a più riprese pur di finanziare di tasca propria ogni spettacolo. Come la biografia di D’Annunzio insegna, però, lungi dall’apprezzar le premure, il Vate era un narcisista e non sempre la trattava con la dovuta galanteria. Tuttavia, Eleonora chiudeva spesso un occhio o due, anche sulle scappatelle piccanti del poeta, ma nel 1896 subì un gravissimo affronto professionale, quando il compagno le preferì la rivale Sarah Bernhardt nella prima de La città morta.
Fra alti e bassi la relazione andò avanti e, nel 1898, il poeta si trasferì nella Capponcina, una villa fiorentina a pochi passi dalla Porziuncola, dove abitava Eleonora. Eppure, nemmeno la vicinanza con l’amante riuscì a salvare il loro rapporto, che si incrinò a partire dal 1900, con l’uscita del romanzo Il Fuoco. Un amico dell’attrice, che lo lesse in anteprima, la pregò in tutti i modi di evitare che quella storia giungesse al grande pubblico.
La sua risposta fu:
“Conosco il romanzo, ho autorizzato la stampa perché la mia sofferenza, qualunque essa sia, non conta, quando si tratta di dare un altro capolavoro alla letteratura italiana: e poi, ho quarant’anni e amo”.
Fra le pagine de Il Fuoco, D’Annunzio descrisse in modo poco lusinghiero la sua relazione con Eleonora e arrivò, perfino, a sottolinearne i difetti fisici. Parliamo di una delle prima coppie da gossip e non è poi così difficile immaginare il clamore della notizia di una storia che metteva a nudo la più grande attrice teatrale dell’epoca.