Storie di Mafia

Questa sezione è dedicata alle vittime della mafia e ai progetti che riguardano la divulgazione della cultura che alla mafia si contrappone.

L’impegno contro la mafia non può concedersi pausa alcuna, il rischio è quello di ritrovarsi subito al punto di partenza.
(Paolo Borsellino)

Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino
ma non solo...

I loro volti ci ricordino che c'è qualcosa per cui vale la pena vivere e per cui vale la pena morire

Biografie

CARLO ALBERTO DALLA CHIESA



L'esempio di un Uomo,
l'indifferenza di uno Stato.
.

Carlo Alberto Dalla Chiesa, generale dei Carabinieri, noto per il suo impegno nella lotta contro il terrorismo delle brigate rosse prima e alla mafia poi, di cui sarà vittima.
Aprile del 1982 Dalla Chiesa scrive al presidente del Consiglio Giovanni Spadolini queste parole: "la corrente democristiana siciliana facente capo ad Andreotti sarebbe stata la "famiglia politica" più inquinata da contaminazioni mafiose".
Mggio 1982 viene improvvisamente inviato in Sicilia come prefetto di Palermo per contrastare l'insorgere dell'emergenza mafia A Palermo lamenta più volte la carenza di sostegno da parte dello stato; emblematica e carica di amarezza rimane la sua frase: "Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì".
Chiede di incontrare Giorgio Bocca, uno dei giornalisti più importanti del periodo, per lanciare attraverso i media un messaggio allo stato, un messaggio che ha come obiettivo la richiesta di aiuto e sostegno da parte dello stato. Agosto 1982: rilascia l'intervista nella quale c'è la presa d'atto del fallimento dello Stato nella battaglia contro Cosa Nostra, delle connivenze e delle complicità che hanno consentito alla mafia di agire indisturbata per anni.   

3 settembre 1982, Carlo Alberto Dalla Chiesa viene ucciso assieme alla moglie e all'agente della scorta in un agguato mafioso






GIOVANNI FALCONE


Il volto della lotta alla mafia è il suo


Nell'immaginario collettivo quando si pensa alla lotta alla mafia si pensa a lui, il Giudice Giovanni Falcone e le immagini dell'attentato che pose fine alla sua vita sono una delle pagine più orribili e violente della storia della Repubblica, nessuno che abbia vissuto quegli anni potrà mai dimenticarlo.  del resto dalle sue indagini arrivarono le più grandi vittorie contro la mafia.

Giovanni Falcone era nato a Palermo il 18 maggio del 1939. Nel 1961 si laureò in giurisprudenza; tre anni dopo fu nominato pretore nella città di Lentini, quindi sostituto procuratore a Trapani. Alla procura di Palermo il magistrato arrivò nel 1978, avviando una stretta collaborazione con i giudici Rocco Chinnici e Paolo Borsellino: insieme tratteranno centinaia di processi. Nel 1980 a Falcone venne assegnato il fascicolo che riguardava il boss Rosario Spatola, i cui interessi avevano ramificazioni anche negli Stati Uniti. Dopo L'assassinio di Chinnici, nel 1983, venne creata una struttura che, nel giro di pochi anni, rivoluzionerà la lotta alla criminalità organizzata: il pool antimafia.



PAOLO BORSELLINO


Il suo martirio grida ancora vendetta. La sua Bellezza non smetterà mai di illuminarci.


Le caratteristiche della caparbietà, dell'allegria e della passione per il suo lavoro fanno di Paolo Borsellino una persona speciale, un esempio, capace di trasmettere dei valori positivi per le generazioni future. E' il 1975 quando Paolo Borsellino viene trasferito al tribunale di Palermo; a luglio entra all'Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Con il Capitano Basile lavora alla prima indagine sulla mafia: da questo momento comincia il suo grande impegno, senza sosta, per contrastare e sconfiggere l'organizzazione mafiosa. Fino alla fine della sua vita Borsellino, nel tempo che gli rimane dopo il lavoro, cercherà di incontrare i giovani, di comunicargli questi nuovi sentimenti e di renderli protagonisti della lotta alla mafia: l'esplosione di un'autobomba sotto la casa di via D'Amelio strappa la vita al giudice Paolo Borsellino e agli uomini della sua scorta. E' il 19 luglio 1992.   

Molto è stato detto per celebrare la figura eroica di Paolo Borsellino.


 Molto poco invece si sa degli ultimi 56 giorni della sua vita, dalla strage di Capaci all'esplosione di via d'Amelio, quando qualcuno decide la sua condanna a morte.


Chi incontrava? Chi intralciava il suo lavoro in Procura? Quali verità andava scoprendo? E perché, lasciato solo negli ultimi giorni della sua vita, disse:


 "Ho capito tutto... mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia... Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri"